Ciclismo, Moser e la Roubaix: “Qui vinci solo se batti la paura”
Francesco Moser per la Parigi-Roubaix ¨¨ quello che Virgilio era per Dante nell’Inferno immaginato dal sommo poeta: una guida perfetta. Non suoni esagerato: nel ciclismo forse niente richiama l’eccellenza della poesia come la Regina delle Classiche, anch’essa considerata Inferno (del Nord). Domani va in scena per la 117a volta e non c’¨¨ miglior narratore del trentino – ieri in Piemonte nell’ambito delle celebrazioni per i 100 anni della nascita di Coppi - per raccontarla. De Vlaeminck e Boonen hanno vinto una volta in pi¨´ (4), ma tre corone di fila – la terza 39 anni fa esatti, 13 aprile 1980 - non le hanno neppure loro.
Moser, ci sono dei segreti per affrontare la Roubaix?
“Due. E il primo ¨¨ la paura”.
In che senso?
“Deve sparire. Va cancellata. E’ un sentimento che spesso viene associato alla Roubaix. Ma io dico: chi ne ha, stia a casa. Quelle pietre sono devastanti, non perdonano. Sono crudeli, non hanno piet¨¤. Ma vanno sfidate. Aggredite. Dominate, non subite. A volte ti trovi a dover schivare buche grandi come mezza ruota. Pi¨´ che ciclismo, fai l’acrobata”.
Il secondo?
“Correre davanti. Il pi¨´ possibile. E’ meno banale di quanto appare. Prendi vento? S¨¬, ma imposti le traiettorie come vuoi. E rischi meno. Se ti cadono davanti, perdi tempo”.
Ci sono corridori, ieri e oggi, che non ne vogliono neppure sentire parlare.
“Un ciclismo senza Roubaix lei lo immaginerebbe? Chiunque dovrebbe correrla almeno una volta”.
Il simbolo resta la foresta di Arenberg, che c’era gi¨¤ ai suoi tempi.
“Altra epoca. In ricognizione, i settori non erano tracciati. Non li trovavamo. Arenberg l’ho vista solo il giorno del mio debutto (1974, 2¡ã dietro a De Vlaeminck, ndr). Rimasi senza fiato, era peggio di quanto si potesse immaginare. Il peggio in assoluto. L’Inferno, s¨¬. La Roubaix non ha salita. Eppure puoi perdere minuti e minuti come in un tappone dolomitico”.
Il secondo dei suoi tre successi ¨¨ vecchio di quarant’anni. Che cosa ricorda?
“Mai forse come nel 1979 andai cos¨¬ forte al Nord. Avevo vinto la Gand-Wevelgem e penso che al Fiandre mi sarei ripetuto, se il meccanico di Thurau non mi avesse attraversato davanti la strada facendomi cadere. La Roubaix la vinsi per distacco e ricordo l’inizio dell’ultimo chilometro: un sapore dolce in bocca, quello dell’impresa”.
Disse agli organizzatori che era ridicolo che dessero solo una medaglietta come premio, ¨¨ vero?
“S¨¬, e cos¨¬ cominci¨° la tradizione del pezzo di pav¨¦ per il vincitore. Io ne ho solo uno, che sta nel mio museo”.
Come vede l’edizione di domani?
“Incerta. Senza un padrone. Ma potrebbe essere ancora pi¨´ spettacolare”.
Bettiol, dopo il successo al Fiandre, salter¨¤ la Roubaix per puntare ad Amstel e Liegi. Che ne pensa?
“L’avrei visto con curiosit¨¤. Mi sembra che se la cavi a cronometro, e questo sulle pietre e su quei rettilinei aiuta”.
Pu¨° essere un esempio per gli italiani alla Roubaix, che sulla carta non si presentano con grandi ambizioni?
“Certo. Moscon sta andando piano, so che era caduto a febbraio ma non so bene cosa abbia avuto. Ci sono anche Trentin e Oss, e magari pu¨° venire fuori un nome a sorpresa. Bettiol insegna, seguano il suo esempio?”
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