Freccia Vallone '50, c'è Coppi
In 112 non partono neppure

Il 2 gennaio si celebra il cinquantenario della morte di Fausto Coppi. Gazzetta.it vuole onorarlo chiedendo l'aiuto dei lettori. La nostra giuria ha scelto le 10 imprese più grandi del Coppi corridore, le proporremo una ad una e alla fine vi chiederemo di votare per scegliere l'impresa delle imprese. Ecco la settima: 30 aprile 1950, Freccia Vallone...

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Fausto in fuga incoraggiato dal fretelle Serse che si è ritirato. AG

Da Charleroi a Liegi, 235 chilometri. È la Freccia Vallone, domenica 30 aprile 1950. Fausto Coppi, che due settimane prima ha conquistato la Roubaix, arriva la vigilia, all’ora di pranzo, in macchina, alle Cave d’Artois di Charleroi, e la prima cosa che fa è mettersi a tavola. Con gli angeli custodi Sandrino Carrea ed Ettore Milano, con il fratello Serse, con il direttore sportivo Tragella, il meccanico Maggioni e il massaggiatore Aspes. La Bianchi: una squadra, una tribù, una famiglia. Manca solo Désiré Keteleer, belga, professione gregario, che la Freccia l’ha vinta nel 1946: giungerà, da casa, la mattina dopo. Parlano di tutto, Coppi e i suoi, tranne che della corsa. Prima di salire in camera, Coppi dà un’occhiata al cielo. Piove e fa freddo. "Speriamo che cambi", sussurra. Sarà accontentato. Infatti: sole e tepore. Il via alle 11.

"Fausto avrebbe potuto liberarsi di tutti prima o dopo a piacimento - scrisse Guido Giardini sulla Gazzetta dello Sport -. Mai conquista è stata così superba, così chiara, così convincente. Coppi non ha vinto, ha dominato, ha giocato con gli avversari"

intimiditi — Duecento iscritti, 88 partono, 112 (fra loro anche il belga, campione del mondo, Rik Van Steenbergen) si fanno intimidire, più che dai dubbi del giorno prima, dalle certezze del giorno d’oggi: Coppi, e l’inferno che scatenerà. Due le maglie tricolori: quella di Fausto, campione italiano in carica, e quella del belga Raymond Impanis, che rinuncia alla casacca della sua squadra, la Alcyon-Dunlop, per indossare dagli italiani al Tour del 1949. "Una bizzarria — scrive Guido Giardini sulla Gazzetta dello Sport — notata e commentata ampiamente".

LA RAMPA — Pronti, via, fuga. Se ne vanno due belgi, Breuer e Dillis, eroi per un centinaio di chilometri. Dillis molla, Breuer insiste. Lo raggiungono i francesi Chateau e Forlini. Carrea, Milano e Keteleer li tengono a tiro, un paio di minuti al massimo. E quando mancano 100 chilometri all’arrivo, si muove Coppi. Approfitta di una rampa, quella di Hautregard, e a uno a uno inghiottisce gli indifesi attaccanti. Prima sorpassa Forlini e lo svizzero Metzeger, poi cattura l’italo-belga Cerami, che per somma sfortuna proprio in quel momento, come se anche la sua bici perda fiducia, fora, infine acciuffa Chateau e Breuer. A questo punto mancano 85 chilometri, e Coppi si muove ancora. Approfitta di un’altra rampa, quella di Malchamps, ed è, trentatreesima vittoria per distacco in carriera, "un uomo solo al comando".

Fausto Coppi dopo il trionfo. Archivio gazzetta

L'IMPRESA — "Abbiamo indovinato dove sarebbe partito — ancora Giardini — ma Coppi avrebbe potuto liberarsi di tutti prima o dopo a piacimento su una delle nove salitelle dell’itinerario". Lui vola, gli altri atterrano: a due minuti sulla successiva rampa di Ovifat, a quasi quattro su quella della Barraque Michel, a 6’05" a Liegi. Secondo arriva proprio Impanis. Al traguardo c’è il popolo del ciclismo, e tanti italiani, facce da emigranti, da operai, da minatori. "Mai conquista — canta Giardini — è stata così superba, così chiara, così convincente. Coppi non ha vinto: ha dominato, ha giocato con gli avversari piantandoli come e quando ha voluto". "L’Equipe" titola: "Il battistrada".

L'assedio — E Jacques Goddet, patron del Tour e anche della Freccia Vallone, sentenzia: "Coppi non vince più una prova, ma prende il via, copre il percorso indicato alla velocità che ha scelto, e si porta all’arrivo in tempo per terminare le abituali formalità della vittoria: rimessa dei fiori, della sciarpa, della coppa, del bacio, delle dichiarazioni alla radio, della posa davanti ai fotografi, prima che i suoi inseguitori arrivino". Il giorno dopo Fausto e Serse Coppi passano alla cassa, partecipano al circuito di Petang, in Lussemburgo, e Serse lo vince. Poi, in vagone-letto, arrivano a Milano. E da lì, a casa. Assediati dalla gente, dalla gloria, dalla storia.