Anna Meares, 28 anni, ha vinto 21 medaglie iridate in carriera. Reuters

Come da pronostico Australia e Gran Bretagna hanno dominato i Mondiali su pista lasciando le briciole alle altre nazioni. Sei ori a testa per le due grandi scuole dei velodromi, anche se i padroni di casa hanno raccolto un bottino di medaglie maggiore: 15 a 13. La giornata conclusiva, che assegnava gli ultimi quattro titoli, è stata illuminata da due prodezze straordinarie. La prima l’ha firmata la beniamina di casa Anna Meares, vera regina di questa rassegna, che dopo aver realizzato il primato del mondo sui 200 lanciati nelle qualificazioni del torneo della velocità, si è ripetuta sui 500 metri con partenza da fermo, demolendo il precedente limite che era detenuto dalla lituana Krupeckaite, portandolo da 33"296 a 33"010. Già oro nel keirin, argento nella velocità a squadre e bronzo nella velocità individuale (solo per una controversa decisione arbitrale che l’ha declassata nella semifinale contro la britannica Pendleton), la ragazza del Queensland ha così portato a 21 il numero di medaglie mondiali vinte in carriera, traguardo mai raggiunto da nessuna donna. E nell’ultima giornata, con il decimo oro, ha eguagliato la francese Ballanger.

lo scozzese volante — L’altro numero da fenomeno è arrivato poco dopo da sir Chris Hoy, il tri-olimpionico di Pechino, che ha riscattato la delusione del giorno prima nella velocità, cioè la sconfitta nel derby fratricida in semifinale contro il connazionale Jason Kenny, che probabilmente gli costerà l’unico posto a disposizione nel torneo olimpico della specialità. Lo scozzese volante ha trionfato nella finale del keirin con una rimonta pazzesca, culminata con la prodezza all’uscita dell’ultima curva: in quarta posizione, chiuso sia all’interno sia all’esterno, ha fiutato un varco strettissimo tra il tedesco Levy e il neozelandese Van Velthooven (poi declassato) e si è infilato dove nessun altro avrebbe osato, andando a vincere per una spanna sullo stesso Levy. Se proprio a Londra non riuscirà a trovare un posto nel torneo della velocità, quello nel keirin (dove a Melbourne ha centrato il quarto titolo mondiale) non glielo toglie certamente nessuno. Per gli amanti delle statistiche, il trentaseienne campione di Edimburgo ieri si è messo al collo l’undicesimo oro e la 25ª medaglia iridata della carriera.

gli azzurri — Nelle altre due gare in programma, la neozelandese Alison Shanks ha dominato la finale dell’inseguimento, finendo però decisamente lontana dal primato del mondo della statunitense Hammer, ormai convertitasi all’omnium, mentre i belgi Kenny De Ketele e Gijs Van Hoecke si sono aggiudicati la spettacolare americana, nella quale la coppia azzurra formata da Angelo Ciccone e Omar Bertazzo (quest’ultimo al via in una specialità a lui poco congeniale per rimpiazzare l’infortunato Elia Viviani) non è andata oltre il 10° posto: ma nulla si può improvvisare a questi livelli, pensare a una gara da podio sarebbe stato da pazzi. L’altro azzurro impegnato nell’ultima giornata, il velocista Francesco Ceci, si è ben difeso nel keirin: 13° dopo aver sfiorato il successo nei ripescaggi che l’avrebbe catapultato in semifinale. L’Italia chiude la rassegna senza medaglie, con il 4° posto di Giorgia Bronzini nella corsa punti, a una sola lunghezza dal podio, come miglior risultato. Il bilancio negativo è stato fortemente condizionato dalla presenza di sei soli atleti in nove gare e dall’infortunio della punta Viviani, ritiratosi a metà dell’omnium, mentre era in lotta per una medaglia, da una caduta che gli è costata la microfrattura del bacino. Ma in ogni caso il settore ha bisogno di ossigeno, cioè di un maggior investimento economico e di un cambio di mentalità, che consideri la pista non come una cenerentola, ma come un esercizio complementare all’attività su strada, come insegnano le stesse Australia e Gran Bretagna. Altrimenti ci si dovrà sempre affidare a sporadici exploit.