Alessandro Bertolini, 40 anni. Bettini

Corridori d’autunno. Per Alessandro Bertolini è anche l’autunno del corridore. Trentino di Rovereto, 40 anni compiuti lo scorso luglio, 18 anni pedalati da professionista, Bertolini vede ancora la sua vita come una ruota, anzi, due. E’ la terza puntata delle nostre interviste.

- Bertolini, non si arrende all’età?
"C’è l’età della carta d’identità, e quella dice 40 anni. E c’è l’età della testa e delle gambe, e quella dice 10 anni di meno. Mi piace la bici, amo il ciclismo, se mi guardo indietro mi vedo sempre in sella. E mi sembra di non poterne fare a meno. Adesso sono a Montecatini Terme, con la famiglia. Il modo migliore - terme e famiglia - per ricominciare un altro anno a due ruote".

Ma ha già il contratto?
"Non ancora. Però ho fiducia. Aspetto una telefonata da Gianni Savio e Marco Bellini: stanno completando la squadra e, soprattutto, gli sponsor per la nuova stagione. So che il momento economico non è il più facile. Però altri sei mesi di corse sarebbero il ringraziamento più affettuoso verso Androni e Diquigiovanni, gli sponsor con cui ho vissuto i momenti più felici. E concluderei in casa, anzi, in famiglia, con i campionati italiani, alla fine di giugno, in Valsugana".

L’ultima corsa disputata?
"Il 2 ottobre, i campionati italiani derny su pista. Terzo. Nel 2010 avevo vinto. Ma Mori, la ’mia’ pista, è 500 metri, in cemento, all’aperto, invece Montichiari è 250 metri, in legno, al coperto. Mori è anche per stradisti, Montichiari solo per pistard. Così quel terzo posto valeva molto di più".

Oggi si parla tanto di pista.
"La pista è un luogo protetto, è un’oasi e anche una scuola. Colpo d’occhio e di pedale, resistenza alla velocità e divertimento non si possono imparare così come in pista. In Australia e Inghilterra sono riusciti a trasformare i pistard in stradisti, inseguitori in uomini a tappe. Ogni velodromo dovrebbe diventare un polo di allenamenti e corse, di conoscenze tecniche e umane. Anche a Mori".

Bertolini, nel 2011 non ha avuto la sua giornata da leone.
"Mi è sempre mancato qualcosa. All’Agostoni ero nella fuga giusta, quella per anticipare il Ghisallo, invece prima una foratura e poi un incidente mi hanno messo k.o. E il finale del calendario è stato rovinato da una tracheite".

E se non troverà ingaggio da corridore?
"Vorrei trovarlo da tecnico. Mi piacerebbe trasmettere ai giovani la mia voglia e le mie conoscenze. Dal 2008 ho il tesserino terzo livello. Oggi, nel ciclismo, non s’inventa nulla, e quello che si semina non sempre si raccoglie. Ma disciplina, costanza e fatica sono tre comandamenti eterni".

I giovani più forti?
"Moreno Moser, Enrico Battaglin e Daniel Oss".

I vecchi più irriducibili?
"Davide Rebellin. Ha la mia stessa voglia e umiltà, ma più talento".

In carriera, il più forte in salita?
"Marco Pantani".

Il più forte gregario?
"Bruno Cenghialta".

Il più forte leader?
"Due: Gianni Bugno e Moreno Argentin".

Il più forte sotto la pioggia?
"Roberto Pagnin. Ma subito dietro di lui - modestia a parte - io". Marco Pastonesi