Miglior attacco, miglior difesa, il doppio dei calciatori in gol rispetto al MIlan (12 contro 6), più del doppio dei punti (32 contro 15), la metà dei gol incassati (9 contro 18). Carta canta: il confronto non esiste. La Juve che domenica sera giocherà a San Siro non può avere paura del Diavolo. Gli fa persino i complimenti: "Bravo, sei andato avanti in Champions". Quasi a dire: "Ora, però, non dare troppo fastidio". Galliani incassa, ringrazia e non vede l'ora di ricambiare.

Fabio Quagliarella, 6 gol in campionato, contro Mario Yepes nel Trofeo Berlusconi. LaPresse

il dato — I numeri (impietosi) servono solo a dimostrare ciò che è visibile a occhio nudo: la Juve è la squadra che è stata il Milan per lunghi tratti dell'era Berlusconi, "padrona del campo e del gioco", quasi sempre, e che ora sembra aver trovato la sua strada anche in Europa, nella casa che è stata a lungo abitata dal Diavolo. Ora quella casa sembra una splendida baita in montagna per uomini un po' attempati: passarci una notte dà sempre grandi soddisfazioni, ma il ritorno in città poi diventa sempre più tramautico. E così, il dopo-Champions per il Milan si dimostra un calvario: dopo lo 0-0 con l'Anderlecht, ecco il tonfo di Udine firmato Ranegie (finito presto a tenere compagnia a Guidolin in panchina); dopo il trionfo di San Pietroburgo, arriva la sconfitta nel derby con l'Inter e dopo il pari con il Malaga la batosta con la Fiorentina che riporta Pato sulla terra (e i suoi palloni in curva). Unica eccezione il successo sul Genoa che riscattò il k.o. in Spagna, al termine di una partita giocata comunque male. E la Juve? 2-0 al Chievo, 2-1 a Siena, 1-0 a Catania e 6-1 a Pescara. Quattro partite, quattro successi: mentre in Europa la strada si faceva in salita, i bianconeri tornavano nel fortino italiano e issavano il bandierone bianconero. A volte senza strafare (vedi Siena), a volte dominando (vedi Pescara): in un modo o nell'altro hanno sempre vinto. Difficile immaginare che la serie si fermi proprio dopo le tre sberle al Chelsea campione d'Europa.

Bojan, 22 anni, 1 gol in campionato. LaPresse

l'antidoto — La scusa dell'età media troppo alta non regge: il Milan con due '92 titolari (De Sciglio ed El Shaarawy) e senza quasi nessun senatore ha una rosa molto giovane, seppur con poche alternative valide. Allegri ha utilizzato più giocatori di tutti (26, record stagionale condiviso con Udinese e Genoa), perciò più che il logorio fisico, sembra che sia l'incapacità di reggere mentalmente ad alti livelli il doppio fronte ad aver frenato i rossoneri dopo una buona prestazione in Europa. A cosa aggrapparsi, allora, per affrontare con spavalderia (o spensieratezza, usando un termine caro a Marotta) i campioni d'Italia? Cominciare con Bojan non sarebbe una cattiva idea e, con Pato fuori causa, sarà anche molto probabile: lo spagnolo ha giocato sette partite da titolare, quattro in Serie A e tre in Champions, con un record di tre vittorie, tre pareggi e una sconfitta. In cinque casi ha giocato da "falso nueve", in due da trequartista e quasi sempre i rossoneri hanno raccolto consensi, dall'esordio di Parma (giudicato un passo avanti) alla manita al Chievo, passando per l'exploit di San Pietroburgo e persino per il k.o. nel derby. Magari l'ex Barça segna poco (1 gol in 14 presenze), ma con lui il Milan è più vicino a quello pensato da Allegri nel ritiro estivo, quando Pazzini non era arrivato e il tecnico aveva provato a costruire una squadra senza punti di riferimento in attacco. "Giocando senza centravanti, il Chelsea ci ha agevolato", ha detto Alessio martedì. Chissà che effetto avrà il "falso nueve" del Milan.