Per Marcello Nicchi quello di Robinho a Catania non era gol. Il n°1 degli arbitri italiani replica alle critiche del Milan che, così come ha dichiarato Galliani, si sente defraudato per i due episodi dei gol non assegnati a Muntari (contro la Juventus) e a Robinho (sabato scorso a Catania). "Su quello di Muntari in Milan-Juve c'è poco da discutere, l'abbiamo visto tutti, io ero allo stadio, è stato un errore anche grossolano e la prima cosa che abbiamo fatto è studiare come sia potuto accadere. È come quando un portiere sbaglia un intervento, un attaccante un gol, o una zolla diventa decisiva - ha spiegato il presidente dell'Aia -. L'episodio di Catania, invece, è diverso. Il gol di Robinho non c'era, nessuno può dimostrare che era gol. Si parla di una cosa che non esiste, la palla non era entrata, lo sostengo con forza, quello non era gol". Nicchi ci tiene a sottolineare che "gli arbitri accettano le critiche, perché danno la forza per continuare a lavorare e migliorarci, è umano che una società che come noi lavora per raggiungere il massimo possa avere un momento di amarezza, ma se c'è educazione nelle critiche non c'è nulla da eccepire".

errori — Quando un arbitro sbaglia "reagisce come un calciatore - prosegue Nicchi -, mica butta via le scarpe, va in campo e si allena per recuperare forza fisica e psicologica. Quella arbitrale è una squadra di grande valore che sta cercando di fare il proprio meglio". Negli ultimi turni la tensione è salita, così come il livello delle polemiche. "È fisiologico perché i campionati stanno entrando nella fase più importante, si lotta per lo scudetto e di titolo se ne assegna solo uno, si lotta per la salvezza e non c'è nessuno che a inizio stagione dica che è disposto a retrocedere. È un campionato bellissimo perché incerto". Tornando ai cosiddetti "gol fantasma" c'è chi si divide tra tecnologia e arbitri di porta. "Noi applichiamo le regole che ci sono e se si vuole fare un passo avanti per aiutare tecnologicamente gli arbitri che ben venga, siamo i primi a esserne felici così evitiamo ogni discussione. Per quanto riguarda l'arbitro di porta - spiega il presidente dell'Aia ospite in studio prima a Sky Tg 24 e poi a Sky Sport 24 -, siamo sempre stati favorevoli perché più occhi possono vedere di più, ma a volte anche questo non basta. Si può interpretare l'episodio in modo diverso, ma anche qui non saranno gli arbitri a ostacolare questo progetto. Deve essere chiaro che non si può fare il paragone uomo-macchina e anche per i giudici di porta sono sicuro che prima o poi capiterà che anche 2-3-4 non vedano una determinata cosa. Anche perché una cosa è non vedere, un'altra è la percezione che si ha sul campo. Quello che si vede col mezzo televisivo non sempre si percepisce in campo".

percezione — E qui Nicchi lancia un appello: "Non bisogna fare la telecronaca arbitrale, ma della partita, altrimenti si corre il rischio che qualcuno dimostri di non conoscere i regolamenti. Non si deve dire 'qui ci stava', o 'qui bisognava', proprio perché quello che si percepisce in campo spesso è differente da quello che si vede in tv". Nicchi difende i suoi fischietti, la sua classe arbitrale. "Questa generazione rispetto alla mia è molto più forte - assicura -, parliamo di persone che stanno crescendo in modo esponenziale e questo ci viene riconosciuto. Oggi non c'è più il dubbio della libertà e della terzietà dell'arbitro e questa è la nostra grande conquista. Sono arbitri che magari sbagliano, ma che sono liberi". Si continua a parlare della possibilità che gli arbitri spieghino le proprie scelte davanti a telecamere e microfoni nel dopo-partita. "Non c'è nessuna chiusura, ma trovo difficoltà in chi dovrebbe aiutarci nella divulgazione delle regole, appena volteremo pagina e si parlerà con serenità, apriremo anche alle interviste. Oggi non siamo pronti, a breve spero che lo saremo. Ero convinto - conclude Nicchi - che eravamo vicini a fare questo passo, ma tutti gli episodi e le polemiche di questo periodo mi fanno pensare che il mondo sportivo non sia pronto. Quando tutti saremo maturi, parleremo anche noi".