“E’ un allenatore che ha già vinto tanto”. “Sì, ma nel 2006 di noi diceva peste e corna”. “Dove c’è lui, le società investono forte sul mercato”. “Sì, ma il gioco delle sue squadre non è entusiasmante”. Correva l’anno 2011: in primavera, la Juve di Delneri veleggiava verso un triste settimo posto in campionato e sui forum bianconeri si discuteva del possibile arrivo di Roberto Mancini. Non è dato sapere quanto, in definitiva, Agnelli e Marotta abbiano tenuto in considerazione l’umore della piazza, quando optarono invece per Antonio Conte: di certo, la candidatura del “Mancio”, all’epoca, divideva i cuori del popolo juventino. Perché Mancini, prima da giocatore e poi da tecnico, è sempre stato un “pezzo da novanta” del nostro calcio, con un profilo tutt’altro che banale. Oggi la sua rotta incrocia di nuovo quella della Signora, per via di un “last minute” che l’ha portato al Galatasaray giusto in tempo per il match nei gironi di Champions League.

Mancini stringe la mano a Drogba. LaPresse

FINE E INIZIO — Da quando allena, dopo averlo fatto innumerevoli volte da calciatore, Mancini ha affrontato la Juventus alla guida di quattro squadre diverse. Il confronto meno significativo è stato l’ultimo: doppio pareggio nel gruppo di Europa League edizione 2010-11, che non basterà alla Juve per evitare l’eliminazione e manderà avanti il Manchester City, poi stoppato dalla Dinamo Kiev. Le prime sfide, invece, avvengono col “Mancio” sulla panchina della Fiorentina, in quella che già di per sé è una rivalità tra le più accese d’Italia. Mancini subentra a Terim nel febbraio 2001, tre mesi più tardi al Franchi finisce 1-3, coi francesi Zidane e Trezeguet a dare un dispiacere al pubblico di fede viola. Va un po’ meglio a dicembre, nella stagione successiva: 1-1, ma il tecnico jesino verrà esonerato dieci turni più tardi, nonostante abbia da poco conquistato la Coppa Italia in una situazione societaria complicata.

LAZIO E INTER — Nel periodo che va dal 2002 al 2004, Mancini inizia a prendersi le sue rivincite. Non tanto in serie A, dove in quattro match arrivano due vittorie, un pareggio e una sconfitta, quanto nell’occasione più importante: a Roma, nella finale di Coppa Italia, doppietta di Fiore e 2-0 alla Juve di Lippi, campione nazionale. Poi il trasferimento all’Inter. E apriti cielo. Anzitutto, nella stessa estate i bianconeri affidano la squadra a Capello, con cui il Mancio litigava già al tempo in cui lui giocava per la Samp e Fabio allenava il Milan. Simpatia non certo aumentata negli anni passati al timone dei due club romani, tra derby infuocati e commenti al veleno. E poi, il biennio in questione è quello di Calciopoli. Sul campo, nel campionato 2004-05 Mancini ottiene un pari e una vittoria, ma lo scudetto va alla Juve (poi revocato). L’Inter si consola alzando la Coppa Italia e si prende la Supercoppa 2005 ai danni dei bianconeri, con un gol di Veron al Delle Alpi, ai supplementari. Ma in campionato vince due volte la Juve. Dopo la partita di San Siro, scoppia il finimondo all’interno dello stadio: Mancini insulta l’arbitro e Moggi (imitato da Figo), prendendosi multa e squalifica. A fine anno, alla Juve campione d’Italia viene tolto il titolo, poi assegnato proprio ai nerazzurri, che in classifica avevano chiuso terzi, dietro anche al Milan. Dopo un anno di serie B, la Juve ha Ranieri in panchina e ritrova Mancini nell’ultima stagione interista: vendetta bianconera in campionato (un pari e una vittoria), ma eliminazione ai quarti di Coppa Italia nella serata che consacra il talento di Mario Balotelli. Poi l’avventura inglese del “Mancio”. E ora i turchi: si ricomincia.