Dov'¨¨ finita la Vecchia Signora? I risultati inchiodano il tecnico alle sue responsabilit¨¤. Ma anche i dirigenti sembrano confusi e molti giocatori non sono... da Juve
Dov¡¯¨¨ finita la Juve? Nel momento in cui la discussione accalora i tifosi e coinvolge gli osservatori neutrali, sembra di essere tornati indietro di un anno quando il classico bipolarismo da analisi calcistica contrapponeva il partito degli Allegri-out a quello che sottolineava come al tecnico sotto processo mancassero giocatori forti e, alle spalle, una societ¨¤ solida. Adesso la situazione ¨¨ simile, con Thiago Motta nei panni del principale imputato. Chi difende il tecnico evidenzia che in fondo la Juve ¨¨ vagamente in linea con gli obiettivi stagionali pi¨´ importanti (il quarto posto ¨¨ a una manciata di punti, gli ottavi di Champions un traguardo possibile: di pi¨´ proprio non si pu¨°, anche se la Supercoppa ¨¨ stata buttata via e la Coppa Italia sar¨¤ inevitabilmente un terreno di confronto dopo il successo del 2024) e che si ¨¨ visto o intravisto qualcosa di diverso rispetto al passato.
limiti
¡ª ?Un nuovo progetto ha bisogno di pazienza e di tempo, ma queste due componenti vanno meritate altrimenti la pazienza si esaurisce in fretta e il tempo in pi¨´ concesso risulter¨¤ perso. Finora si ¨¨ notata l¡¯evaporazione della classica identit¨¤ juventina, perfettamente sintetizzata dai punti lasciati per strada da situazioni di vantaggio. La squadra non sa difendere un risultato e questo ¨¨ un limite enorme. Non sarebbe onesto nascondere le cose positive, testimoniate dalle recenti sfide con la Fiorentina, il Milan (in campionato) e l¡¯Atalanta o dal primo tempo con il Napoli, ma sono highlights di breve durata all¡¯interno di una produzione che in generale annoia (pochissimi tiri), delude (errori tecnici e tattici), stupisce: la Juve partecipa, ma non compete. C¡¯¨¨ qualcosa di peggio per un club con quella storia e quel dna? La Juve, in pratica, non esiste: almeno non in base a quello che ¨¨ sempre stato il suo modo di stare nel mondo del calcio, anche nelle stagioni negative. La pareggite ha consentito di prolungare l¡¯imbattibilit¨¤ in campionato fino alla gara di Napoli, ma ha evidenziato le lacune di una squadra che si accende e si spegne in apparenza senza una logica. E allora viene a galla una domanda antipatica ma inevitabile: di chi ¨¨ la colpa? Come sempre, ogni componente ha le sue responsabilit¨¤, ma restiamo convinti che alla base di una squadra che funziona ci sia una societ¨¤ forte. E la percezione ¨¨ che non sia cos¨¬. Gli effetti del terremoto di due anni fa sono ancora visibili.
LA SOCIET?
¡ª ?Cristiano Giuntoli ha trovato un gruppo mediocre e una disponibilit¨¤ economica molto ridotta. Per i miracoli non ¨¨ attrezzato ed ¨¨ giusto aspettare prima di valutarlo. Ci sono per¨° delle perplessit¨¤ generali e altre contingenti. La rosa ¨¨ stata progressivamente privata di leader, di giocatori carismatici in grado di capire i momenti e di trasmettere ai pi¨´ giovani le necessit¨¤ dettate dalla situazione. Da quando ¨¨ arrivato, per liberarsi di stipendi pesanti e anche per seguire le indicazioni degli allenatori, Giuntoli ha tagliato i vari Bonucci, Szczesny, Danilo. Situazioni individuali diverse che non ¨¨ il caso di scandagliare adesso, ma ¨¨ strano che il dirigente non abbia avvertito la necessit¨¤ di inserire contestualmente nel gruppo un paio di elementi di peso. La Juve ¨¨ una delle squadre pi¨´ giovani della Serie A e non era mai successo. Vedremo se questo ¨¨ il modo di porre le basi per successi futuri, ma di sicuro con una squadra giovane non solo non si vince, ma si fatica a raggiungere gli obiettivi minimi. Gli acquisti pi¨´ importanti stanno deludendo: Koopmeiners (strapagato: era il caso a quelle cifre?) sembra spaesato pure per motivi tattici, Nico Gonzalez ¨¨ il solito giocatore intermittente (discreta qualit¨¤, spesso rotto, raramente decisivo quando conta davvero), Concei?ao ¨¨ vivace ma ha un¡¯inquietante percentuale di cross positivi (a proposito: vale la pena investire 30 milioni per lui dopo averne spesi 7 per il prestito?), Douglas Luiz ha avuto poche chances ma ¨¨ stato "bravissimo" a fallirle tutte. Anche la cifra versata per Di Gregorio, buon portiere ma probabilmente nulla pi¨´, ¨¨ stata sorprendente.
Ovviamente non ¨¨ colpa di Giuntoli se Motta non trova una chiave per far rendere giocatori che comunque non sono brocchi. ? un po¡¯ pi¨´ grave non aver individuato e bloccato in tre mesi il sostituto di Bremer e aver speso tanti soldi nel gennaio del 2024 e in questo per prestiti secchi (Alcaraz, Kolo Muani, Renato Veiga). L¡¯investimento di 12,5 milioni per Alberto Costa potrebbe essere una ¡°giuntolata¡±, ma resta il dubbio che il terzino portoghese non fosse un¡¯esigenza primaria. Insomma, c¡¯¨¨ tanta confusione e pu¨° anche essere normale in un momento di grande cambiamento. Tutti i dirigenti commettono errori e il pi¨´ bravo ¨¨ quello che ne fa meno, ma adesso la possibilit¨¤ di sbagliare si ¨¨ ridotta sensibilmente. Pure i problemi nello spogliatoio sembrano sottolineare la necessit¨¤ di una presenza forte della societ¨¤ accanto al gruppo. La buttiamo l¨¬: gli impegni in rappresentanza del club sono sicuramente validi, ma Giorgio Chiellini non sarebbe pi¨´ utile alla Continassa per spiegare cosa sia la Juve e come si deve comportare, in campo e fuori, chi indossa quella maglia? Uno come Giorgio non servirebbe di pi¨´ a stretto contatto con la squadra? Ignorare una simile risorsa ¨¨ uno spreco che la Juve non pu¨° permettersi.
L¡¯ALLENATORE
¡ª ?Ne avrebbe bisogno anche Thiago Motta, che d¨¤ l¡¯impressione di non aver capito che la Juve non ¨¨ il Bologna. Non ¨¨ solo una questione di ambizioni e di pressioni. Ogni ambiente ha le sue peculiarit¨¤ e ci¨° che poteva andare bene a Bologna (una crescita graduale, magari molto lenta all¡¯inizio) non va bene a Torino. Che il nuovo allenatore fosse particolare si sapeva, Thiago fa cose da Thiago e sar¨¤ cos¨¬ per sempre. Per¨° ci sono alcune domande, davvero banali, che avrebbero bisogno di risposte: se non da lui (sempre attentissimo a non dire nulla in conferenza), almeno dal campo. Perch¨¦ cambia sempre la formazione? Perch¨¦ non ha nessun punto fermo? Perch¨¦ sembra quasi che voglia trovare per forza una genialata quando dovrebbe semplificare il compito dei giocatori? Perch¨¦ la squadra non ¨¨ mai compatta? Perch¨¦, al netto delle emergenze, non mette i calciatori nel ruolo in cui possono rendere meglio? Perch¨¦ alcuni elementi sembrano indispensabili e poi all¡¯improvviso spariscono dalla formazione? Probabilmente, e lo diciamo senza ironia, Thiago ha idee talmente evolute che fatichiamo a comprenderle. Ma se non le comprendono nemmeno i suoi giocatori, beh, qui c¡¯¨¨ un problema. E pure grosso.
Le formazioni lasciano perplessi, i cambi sono spesso peggiorativi. Pu¨° essere anche una questione di esperienza, ¨¨ solo il primo anno che Motta si confronta con il doppio impegno. Gli alibi non mancano, perch¨¦ per quasi tre mesi hanno giocato sempre gli stessi 12-13 elementi a causa degli infortuni. Per¨° non sono solo i risultati a inchiodare Thiago di fronte alle sue responsabilit¨¤. Alcune prestazioni come quella con il Venezia, nel derby, a Bruges o di ieri contro il Benfica sarebbero state deludenti perfino ad agosto e non sono accettabili dopo mesi di lavoro. In avvio di campionato sembrava che la Juve avesse iniziato con allegria ed entusiasmo il nuovo percorso. Ma ¨¨ tutto svanito troppo presto. Perch¨¦? Problemi di gestione? Rosa limitata? Altro? I tifosi assistono con un misto di incredulit¨¤ e delusione a quello che sta succedendo. Era logico aspettarsi un¡¯alternanza di passi avanti e passi indietro. Ma dopo una partenza anche troppo veloce, la Juve si ¨¨ fermata. E non ¨¨ un caso che le prestazioni migliori (Lipsia, Inter, Fiorentina, Milan) siano avvenute in partite che per motivi diversi hanno avuto un canovaccio particolare e il cui imprevedibile sviluppo ha nascosto l¡¯incapacit¨¤ bianconera di attaccare difese chiuse e di controllare la gara con lucidit¨¤ e conoscenze tattiche. Il discorso della pazienza e del tempo vale soprattutto per Thiago, gi¨¤ ¡°condannato¡± in partenza dalla statistica secondo la quale dagli anni Sessanta nessun allenatore della Juve vince lo scudetto se non ci riesce al primo tentativo. Motta non ¨¨ un tecnico a presa rapida come Antonio Conte (e chiss¨¤ se per qualcuno ¨¨ gi¨¤ arrivato il momento dei rimpianti) e la sua posizione sembra comunque salda, per¨° adesso deve confrontarsi con la necessit¨¤ del risultato. Anzi, l¡¯ossessione della vittoria: termine che ha rifiutato ma con la quale, se alleni la Juve, devi fare colazione, pranzo e cena. Dal club filtra che anche in caso di mancata qualificazione alla prossima Champions non ci sarebbe un cambio in panchina. Chiss¨¤ se sarebbe davvero cos¨¬. Da qui a fine stagione, comunque, Motta ha il dovere di mostrare una crescita significativa ed evidente a tutti, non solo a chi ne giudica con benevolenza il lavoro sottolineando le mezzore in cui la squadra gioca un calcio piacevole e redditizio. Se non ci riuscir¨¤, Motta si sar¨¤ macchiato della stessa colpa di Allegri: trovarsi il primo luglio nella stessa situazione dell¡¯anno precedente, senza aver fatto alcun progresso sensibile. In un progetto triennale non si punta a vincere subito, ma nella prima stagione il treno deve lasciare la stazione e prendere velocit¨¤. Altrimenti si accumula un ritardo che nel calcio moderno allontana il ritorno al successo. Alla Juve lo scudetto manca dal 2020: questa ¨¨ la quinta stagione. Per trovare un¡¯astinenza pi¨´ lunga sul campo (esclusa quindi Calciopoli), bisogna tornare al periodo tra il 1987 e il 1995 e poi all¡¯inizio degli anni Sessanta. Motta ha la fiducia della societ¨¤: la sfrutti per cambiare marcia, facendo scelte chiare e portandole avanti. E se ha la fiducia dei giocatori, condizione indispensabile per proseguire in un certo modo, pretenda un atteggiamento diverso da loro.
I giocatori
¡ª ?Gi¨¤, perch¨¦ ¨¨ pur vero che in campo ci vanno i giocatori. E se Vlahovic sbaglia gol facilissimi (almeno 4, con pesanti ripercussioni sulla classifica), se Cambiaso spedisce in porta gli avversari (5 volte), se Gonzalez a Bruges riesce a non segnare da due metri ciccando il pallone, se basta un lancio dalla trequarti per mandare nel panico l¡¯intera difesa, se Locatelli complica irrimediabilmente due partite con falli da rigore senza senso, se Koopmeiners sembra un fantasma, se Douglas Luiz fa nove passaggi su dieci all¡¯indietro, le colpe non possono essere solo della societ¨¤ o dell¡¯allenatore. Se le discussioni con il tecnico o le distrazioni da mercato hanno quest¡¯effetto, la realt¨¤ ¨¨ una sola: non si tratta di giocatori da Juve. Non da vera Juve, perlomeno. E si torna al discorso della personalit¨¤, del carattere: indispensabili se si vuole riportare il club in alto, altrimenti ci si accontenta della nuova dimensione di mediocrit¨¤. La somma dei valori tecnici di questo gruppo, pur non eccelsa, ¨¨ superiore al poco che si sta vedendo e probabilmente ciascuno di loro renderebbe meglio in un contesto diverso: una squadra guidata da leader conclamati, un allenatore con le idee chiare, un impianto solido. Ma qui nessuno riesce a diventare il punto di riferimento e a creare con un paio di compagni una colonna dorsale attorno alla quale gli altri possano crescere e maturare. A inizio stagione i giocatori sembravano attenti a seguire le indicazioni del tecnico, quasi frenati dalla voglia di fare sempre la cosa giusta. Adesso sembra che ci sia solo una grande incertezza. Non ci sono giocate codificate, se non in qualche uscita da dietro e alcune combinazioni esterne. Non ci sono coperture preventive. Non c¡¯¨¨ il tentativo di aiutarsi, almeno non quanto servirebbe. Manca troppo spesso un¡¯idea di squadra, ognuno gioca per i fatti suoi, non per ribellione ma per la difficolt¨¤ a seguire uno spartito che appare incomprensibile. Non ci sono linee che reggano di fronte agli attacchi avversari, non ci sono blocchi che facciano superare i momenti difficili. Ci sono iniziative individuali che fanno emergere i limiti tecnici e tattici. L¡¯assenza di Bremer ¨¨ pesante, la stanchezza ¨¨ un alibi parzialmente valido. Ma una squadra vera e fatta da giocatori veri, dopo aver sub¨¬to due o tre rimonte, non permette pi¨´ che accada a prescindere dalla stanchezza: tira una riga sulla trequarti e non fa passare pi¨´ nessuno. Soprattutto contro avversari inferiori. Per i giocatori vale quindi lo stesso concetto espresso per Motta: il tempo e la pazienza se la devono guadagnare. Si devono, soprattutto, meritare la maglia della Juve. E per riuscirci, da sempre, i piedi contano ma non pi¨´ della testa, del cuore, dei polmoni. Chiedano a Chiellini: glielo spiegher¨¤ in dieci minuti.
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