Dopo la finale persa col Manchester City, Simone si ¨¨ evoluto ed ¨¨ cresciuto come nessun altro tecnico
QuandĄŻ¨¨ arrivato allĄŻInter Simone Inzaghi non era un grande allenatore. Era il progetto interessante di un grande allenatore. Poteva perdersi, ¨¨ stato vicino allĄŻesonero. Nella Lazio aveva firmato un bel ciclo, ma in una dimensione inevitabilmente ridotta rispetto a quella di un top club. Preparava la partita come pochi, studiava al microscopio i rivali e spesso individuava le mosse vincenti. Poi in campo era anche questione di giocatori, e la Lazio non aveva di sicuro quelli di Juve o Inter, ma cĄŻera unĄŻidentit¨¤. Nel bene e nel male.?
visione a lungo raggio
ĄŞ ?AllĄŻInter, Inzaghi aveva portato vizi e virt¨´ di quellĄŻesperienza, convinto forse che il modello fosse semplicemente replicabile in proporzione. Ma non ¨¨ cos¨Ź. Marcello Lippi aveva compiuto subito il grande salto mentale e di personalit¨¤ una volta alla Juve. Stesso discorso per Antonio Conte in bianconero, per Massimiliano Allegri, Fabio Capello e Arrigo Sacchi al Milan. Inzaghi schierava un 3-5-2 discretamente incolore, solido, senza colpi di genio, che si muoveva nel segno del predecessore Conte. Ma gli mancava la visione a lungo raggio nella gestione del torneo, nei cambi spesso Ą°a uomoĄą, nel turnover sofferto, nella comunicazione. La stessa enfasi sui successi in Coppa Italia e Supercoppa, che per lĄŻInter valgono un decimo dello scudetto, tradiva uno spessore da Europa League.?
Nessun Bluff
ĄŞ ?Il Ą°progettoĄą Inzaghi aveva bisogno della Champions, dove i bluff non sono ammessi. Si pu¨° arrivare per caso in finale, ma una volta lass¨´ ci sono due strade: un veloce rientro nei ranghi o la trasformazione definitiva in un altro tecnico. Pi¨´ maturo, consapevole, vincente. Salto di qualit¨¤ che non succede da un giorno allĄŻaltro. LĄŻInzaghi che aveva dissipato il primo scudetto nerazzurro da vincere, con decisioni avventate nel derby (e non solo), era molto diverso dallĄŻInzaghi che ha gestito lĄŻultima stagione in crescendo, pur nello strapotere del Napoli di Luciano Spalletti. Un altro. Se il primo anno sĄŻera intravisto il tentativo di distinguersi con una timida impostazione bassa, con lĄŻarrivo di Mkhitaryan, lĄŻinfortunio di Brozovic e il rilancio di Calhanoglu play-tuttocampista ¨¨ nato uno dei centrocampi pi¨´ forti, completi e pensanti del mondo (non ¨¨ un caso che gli altri appartengano a City e Real Madrid).?
l'attimo
ĄŞ ?Situazioni e casualit¨¤ assemblate da un tecnico che ora sa cogliere lĄŻattimo e manipolarlo come creta nelle mani dello scultore. Non va dimenticato Barella che non ¨¨ pi¨´ lĄŻincursore un poĄŻ bohemien dei primi tempi, ma un mediano maturo e totale, definitivamente leader. Per non dire della crescita di Lautaro e dellĄŻarmonia tattica con Thuram. E Darmian, Dimarco, Bastoni. Oggi i giocatori crescono con Inzaghi come succedeva con i grandi tecnici del passato. Il nuovo 3-5-2 ¨¨ una formula che nasconde una manovra moderna, offensiva e cangiante: sa dominare il territorio o ripartire. LĄŻInter perde meno di City, Bayern e Atletico. Non ¨¨ lo stesso Inzaghi di tre anni fa quello che va sparato verso lo scudetto e si gioca le sue carte in Champions. LĄŻInter non ha la forza di City e Real, non ha la tradizione recente del Bayern, non ¨¨ glamour come il Psg, ma non cĄŻ¨¨ tecnico che nellĄŻultimo anno sia cresciuto come lui.
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