Nati in casa Inter: Dimarco, Bergomi, Zenga... i figli milanesi che ce l'hanno fatta

Nemo propheta in patria. O quasi. Perch¨¦ in fondo, poi, c’¨¨ sempre quella bella eccezione, che diventa punto di riferimento, materia di sogni. Federico Dimarco ¨¨ uno di quelli che ce l’ha fatta. Da anni, per la verit¨¤. Ma nel sentire comune questo ¨¨ la stagione della svolta, della definitiva consacrazione ai massimi livelli. Un milanese cresciuto con l’Inter nel cuore e il nerazzurro nelle vene, che a tre anni andava in Curva tra le braccia del pap¨¤ e a nove gi¨¤ faceva cantare il pallone, con quel sinistro magico che anno dopo anno ¨¨ diventato sempre pi¨´ potente, sempre pi¨´ preciso.

Nel vivaio nerazzurro in pochi avevano dubbi sul suo percorso: diventer¨¤ grande, arriver¨¤ in Serie A e far¨¤ parlare di s¨¦. Ma se arrivare in A era gi¨¤ impresa complicata, farlo indossando la maglia dell’Inter, della sua Inter, per molti anni sembrava utopia. "Troppo basso", "troppo leggero", "okay la spinta, ma non ha fase difensiva": la critica si ¨¨ sbizzarrita, ma Federico non ha perso di vista la bussola e ha continuato a lavorare per raggiungere l’obiettivo e realizzare il suo sogno. Ed ora ecco l¨¬, padrone della maglia numero 32 dell’Inter, arma letale di Inzaghi e jolly preziosissimo per gli equilibri di squadra.

l'exploit

Simone ¨¨ stato il primo allenatore dell’Inter ha dargli la fiducia necessaria per imporsi: basta apparizioni, Dimarco con Inzaghi ¨¨ partito titolare aggiunto ma poi con il lavoro, l’abnegazione e la fame, ha raggiunto un nuovo status. Oggi ¨¨ lui il padrone della fascia sinistra nerazzurra, rimasta orfana di Perisic. Ed ¨¨ il risultato di una lunga rincorsa che lo ha visto costretto ad abbandonare il comfort di casa per crescere lontano – tra Parma e Verona - e con una pressione diversa. Ora Gosens non gli sta dietro, perch¨¦ Federico ha il quid in pi¨´: che non ¨¨ solo l’interismo perch¨¦ poi la fede calcistica conta fino a un certo punto. ? qualit¨¤, ¨¨ il risultato del lavoro e di tanti sacrifici che hanno finalmente portato alla ribalta il figlio della Nord. Quel bambino di Calvairate (quartiere del sud-est di Milano) che negli anni - dai Pulcini alla Primavera - segnava e vinceva in ogni categoria, ora ¨¨ tra le anime della riscossa nerazzurra. In Italia e in Europa. Con la personalit¨¤ del veterano: non ha tremato contro il Barcellona, ma ha indicato ai compagni la strada per l’arrembaggio e la vittoria.

eroi della storia

La storia di Dimarco sar¨¤ da stimolo a tanti bambini per il futuro, come successo in passato e come accade da sempre, ad ogni latitudine. Nella Milano nerazzurra, ci sono nomi straordinari che hanno segnato epoche e unito tifosi. Il caso pi¨´ eclatante ¨¨ un simbolo del calcio italiano: Giuseppe Meazza ¨¨ nato e cresciuto a Porta Vittoria, pieno centro milanese, e nell’Inter dal 1927 al 1940 ha scritto pagine di storia del calcio italiano, macinando record su record e diventando un’icona nazionale: in nerazzurro, 243 reti in Serie A in 365 partite giocate, con tre scudetti e tre titoli di capocannoniere del campionato. Prima di lui ci Virgilio Fossati, primo idolo del popolo nerazzurro, capitano del primo scudetto e anche primo interista ad essere convocato in Nazionale.

E poi ci sono i miti moderni, quelli che hanno segnato diverse generazioni dagli anni Ottanta in avanti. Walter Zenga ¨¨ figlio di Viale Ungheria, a pochi passi dall’aeroporto di Linate. Ha cominciato a difendere i pali dell’Inter a undici anni - nel 1971 - ha smesso a 34, dopo dodici stagioni da numero uno in Serie A (328 presenze), uno scudetto, una Supercoppa italiana e due Coppe Uefa. Per tutti era l’uomo Ragno e non c’¨¨ stato un bambino che sognava di diventare portiere che non comprasse un berretto da indossare in campo, come amava fare Walterone. Zenga non ¨¨ mai stato il capitano dell’Inter soltanto perch¨¦ la fascia in tutto il suo percorso ¨¨ stata tatuata sul braccio di Beppe Bergomi, lo Zio diventato famoso per il "baffo Mundial" nel 1982. Bergomi, originario di Settala, ¨¨ entrato alla Pinetina nel 1977 e due anni dopo era gi¨¤ aggregato alla prima squadra. Bergomi ¨¨ stato il simbolo di due decenni: dal 1979 al 1999. Un modello per tanti suoi compagni, non solo per i tifosi: lo Zio amava spiegare ai nuovi cosa significasse indossare la maglia nerazzurra, per non creare spiacevoli equivoci in futuro. Un senso di appartenenza sbandierato in giro per il mondo sempre con la stessa professionalit¨¤ e lo stesso orgoglio. Dimarco aveva due anni quando lo Zio ha detto addio al calcio: non lo ha potuto vedere, ma ne ha sentito parlare. E di sicuro ogni volta che lo incontrava avr¨¤ pensato: voglio diventare come lui. La strada ¨¨ molto lunga, ma Federico pare aver preso la via giusta per provarci.