Supercoppa, un fiocco rosa per le donne arabe
"Ho lasciato la mia casa, la mia famiglia, il mio lavoro e ora alzo la mia voce. Diversamente tradirei i molti che languono in prigione. L’Arabia Saudita non ¨¨ sempre stata cos¨¬ repressiva. Ora ¨¨ insopportabile…". La voce di Jamal Khashoggi si ¨¨ spenta il 2 ottobre 2018, soffocata da una banda di assassini in agguato nel consolato saudita di Istanbul. Il suo corpo smembrato non ¨¨ stato rinvenuto e forse mai lo sar¨¤. Proprio ieri a Riad si ¨¨ aperto il processo ai suoi aguzzini: 11 gli imputati, per 5 di loro ¨¨ richiesta la pena di morte. Khashoggi ¨¨ assurto a simbolo della libera stampa. La rivista Time lo ha nominato "Persona dell’Anno".
? bene tenere a mente questo veloce quanto orrifico riassunto delle puntate precedenti prima di soppesare sulla bilancia l’opportunit¨¤ o meno di giocare la Supercoppa italiana tra Juve e Milan, il 16 gennaio allo stadio King Abdullah di Gedda. Da una parte il martirio di un giornalista e uno Stato confessionale, oppressivo, incurante dei diritti umani, soprattutto quando riguardano le donne, i dissidenti e le minoranze. Dall’altra, va detto onestamente, non solo il tintinnare del vile denaro (molto, 7,5 milioni di euro a partita) ma anche motivazioni pi¨´ alte che appellano alla politica, ai mercati, agli equilibri internazionali, alla missione etica dello sport.
Nel mezzo di una polemica sempre pi¨´ rovente, il presidente della Lega Gaetano Miccich¨¨, manager di grande esperienza e spessore, ha voluto allineare le argomentazioni difensive. Pur pattinando su ghiaccio sottile, ha scritto cose sensate e tutto sommato accettabili: non spetta al calcio cambiare il mondo, non ne ha il potere; l’Arabia, il nostro maggior partner commerciale in Medio Oriente, non ¨¨ l’unico Paese in cui i diritti della persona sono minacciati; il pallone ¨¨ parte del sistema Italia e non pu¨° coltivare logiche e indirizzi diversi da quelli decisi da Governo e Parlamento; nessuno dei tradizionali alleati si ¨¨ sognato di interrompere i rapporti economici e finanziari con i sauditi; anche una partita di calcio pu¨° essere un modo per portare una parola di serenit¨¤ in un mondo cupo e afasico, il tutto esaurito che si va registrando sugli spalti lo prova. A proposito di tribune, la lettera assicura anche che le donne potranno entrare allo Stadio liberamente e non accompagnate il che, ci viene detto, ¨¨ gi¨¤ un gran passo avanti. Faremo lo sforzo di crederci e di rallegrarci.
Nella sua sostanza diretta, se non brutale, la lettera di Miccich¨¨ ci ricorda che nel mondo in cui viviamo neppure il calcio miliardario pu¨° permettersi il lusso di non essere realista. Dal punto di vista politico non fa una piega. Personalmente, tuttavia, preferisco ricordare che i boicottaggi non hanno mai portato lustro allo sport n¨¦ particolari vantaggi alla causa della pace. Basta considerare il disastro prodotto dalle ripicche tra Usa e Urss, alle Olimpiadi di Mosca e di Los Angeles nell’80 e nell’84. Ma non per questo possiamo mettere la sordina alla coscienza, o alle convinzioni che derivano dalla nostra cultura liberale (per chi ne abbia). Ci sono molti modi sottilmente creativi, e non offensivi, per marcare le differenze se non il dissenso verso certe pratiche dell’Islam. ? sufficiente un gesto. Non mi spingo a immaginare la fragorosa maglietta rossa con cui Panatta e Bertolucci sfidarono la dittatura di Pinochet nella finale di Davis del 1976 a Santiago del Cile. Qui basta molto meno. Che so, un fiocco rosa appuntato sulle tute in omaggio a tutte le donne, in particolare a quelle che il regime di Mohammad bin Salman ha finalmente ammesso allo stadio. Cos¨¬ anche i pochi a cui continua a fregare qualcosa del povero Khashoggi e del nobile mestiere che rappresentava avranno l’impressione che la sua voce non si ¨¨ levata invano.
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