MILANO, 8 giugno 2011 Chiamale, se vuoi, sensazioni... Speravamo che l'interrogatorio del dentista-scommettitore Marco Pirani portasse qualche certezza nel marasma del calcio tarocco. Che la polvere si posasse per un attimo consentendo a noi che scriviamo e a voi che leggete almeno di intravedere la sostanza dei fatti. E invece, ecco il procuratore di Cremona Roberto Di Martino uscirsene con una dichiarazione, per così dire, sensazionale. Testualmente: "La sensazione è che ci siano grossi problemi in serie A, che ci siano incontri truccati. E' una sensazione, e una sensazione senza riscontri non è una prova. Ma la sensazione è che in serie A le combine non siano fra i giocatori ma fra le società". Tombola!
Se le sensazioni del magistrato si rivelassero fondate in un colpo solo andrebbero a farsi benedire nell'ordine: la credibilità del calcio italiano, il suo valore patrimoniale, la classifica del campionato 2011 e il calendario di quello del 2012 che, visti i tempi della giustizia penale e l'impotenza di quella sportiva, si disputerebbe nel 2018. Nel frattempo, per qualche anno, tutti a letto senza pallone.
Ora, al contrario dei magistrati (visto il tenore delle dichiarazioni, è probabile che abbiano altre carte in serbo) non ho elementi per giudicare se non quelli del giornalismo d'inchiesta e delle sue regole. Il calcio italiano è certamente bulimico e malato, ormai lo scriviamo ogni giorno.
Ma prima di distruggere irrimediabilmente il giocattolo che tanto ci appassiona, la credibilità delle società eventualmente coinvolte, oltre alle vite e alle carriere di chi sarà chiamato in tribunale, occorre che le sensazioni diventino fatti concreti e riscontrati. I media, almeno quelli seri, devono impegnarsi a non pubblicare spifferi e boati - e quanti ne circolano in queste ore! - ma non possono certo mettere la sordina alle notizie.
Agli inquirenti si richiedono poche cose che stanno alla base di ogni giustizia: chiarezza, celerità, prove provate, consapevolezza - mi si perdoni la battuta - dell'enorme posta in gioco.
E magari un po' di quella doverosa prudenza che fa male a noi giornalisti, ma può far molto bene alla verità.