La prima volta che ho incontrato Sara Gama fuori da uno stadio ¨¨ stato in un bellissimo posto torinese, uno di quei complessi industriali di fine Ottocento che hanno resistito ai bombardamenti, sono stati reinventati, sono diventati luoghi dove si raccontano lĄŻarte e la storia. Linee pulite, pratiche, con un tocco di durezza: Sara dava la stessa impressione, una giovane donna che dopo lĄŻondata di entusiasmo generato dal Mondiale francese cercava di restare con i piedi per terra e di ricordare a tutti che la strada per rendere il calcio femminile qualcosa di differente da un universo alieno era ancora lunga e piena di ostacoli. CĄŻerano stati i momenti di gioia, le unghie tinte di azzurro delle compagne, il successo in prime time, lei capitana portata in trionfo dopo il passaggio della fase a gironi. Prima ancora, la Barbie con la sua faccia, un omaggio a chi era diventato, ancora prima di quella estate magica con i suoi successi fragili, il simbolo di un Paese che si confrontava con una nuova realt¨¤ multietnica e complicata.?
il commento
Sara Gama, l'Italia perde pi¨´ di un capitano e un difensore
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