LeBron, una notte da sogno
Miami punta tutto su di lui

Se siete ancora testardamente inchiodati al 2010, a inizio luglio, e solo pensare a lui e al modo in cui ha lasciato la povera piccola Cleveland vi dà il voltastomaco, fermatevi. Fermate l’odio e iniziate ad apprezzarlo. Fatevela passare, perché LeBron James in gara-6 della finale di Eastern Conference tra Boston e Miami ha dipinto un da Vinci, o meglio un Jordan, per salvare la sua squadra da un’eliminazione imbarazzante. Non vi basta? Non dovrebbe essere quello che, come tifosi di basket, vorreste sempre vedere? C’è altro che conta? Non sarebbe il caso che voi e tutti gli altri che irrazionalmente criticano il tre volte MVP ammettessero che il basket è semplicemente uno sport migliore quando lui è al massimo della forma, com’era giovedì in una notte da non fallire in cui ha salvato una squadra, Miami, che tutti volevano vedere affondare? “E’ una grande sensazione” ha detto James.

LeBron James, 27 anni, 3 volte miglior giocatore della regular season. Reuters

notte indimenticabile — Tutto considerato, LeBron ha giocato la sua miglior partita di sempre. Certo, altre volte ha segnato di più, preso più rimbalzi e infilato tiri più importanti. Ha travolto i Pistons in una serie diventata epica diversi anni fa. Ma non ha mai fatto nulla del genere. Non in queste circostanze, non con questa pressione. Non con l’intero mondo del basket pronto ad affossarlo e dargli del perdente se non fosse riuscito a produrre una gara da incorniciare e gli Heat non avessero battuto i nonnetti Celtics. Ma sono riusciti a vincere, anche in modo spettacolare, grazie alla prestazione “senza paura” di James, per usare le parole di Erik Spoelstra. Il coach ha anche aggiunto: “Era pronto e aveva voglia di spaccare il mondo. Mi ha detto che avrebbe fatto di tutto. Era determinato”. James ha tirato 12/14 nel primo tempo, primo segnale di una notte indimenticabile. Ma niente autocompiacimento, niente petto gonfio, niente maglia tirata, tutte cose che altri avrebbero fatto per celebrare una prestazione come quella. Solo grande concentrazione. Ha fatto centro da qualsiasi posizione e contro qualsiasi difensore. Quello che facevano i Celtics non importava. Ha chiuso con 45 punti, 15 rimbalzi e 5 assist. Si è preso Miami sulle spalle e ha forzato la serie a gara-7, su cui sabato si poseranno gli occhi di tutti. E ha tenuto aperta la possibilità che la Finale Nba sia quella che la gente vuole vedere: Thunder contro Heat, MVP contro secondo classificato (Kevin Durant, n.d.r.). “E non mi fermero a gara-7” ha promesso LeBron.

jordan resta inarrivabile — Anche se è stata una notte da incorniciare per LeBron, non è stato come “Dio travestito da LeBron James”, parafrasi della famosa battuta di Larry Bird per commentare i 63 punti che Michael Jordan aveva segnato contro i Celtics nel 1986 al vecchio Boston Garden. La differenza è che Jordan ha compiuto quel capolavoro contro 5 futuri membri della Hall of Fame (Bird, Kevin McHale, Bill Walton, Robert Parish e Dennis Johnson) e una delle squadre più forti di tutti i tempi. In quella partita Jordan aveva Kyle Macy come play e Dave Corzine come centro. Ha dovuto superare Johnson per segnare tutti quei punti. Mentre LeBron ha distrutto un team ormai vecchio che sembrava stanco e voglioso solo di andare a dormire. Ma mettere la prestazione di James subito dopo quella di Jordan non è mancanza di rispetto. Lo ripeto, con tutto quello che c’era in gioco per gli Heat giovedì (nel 1986 non c’erano pressioni sui Bulls, che infatti persero 4-0 contro Boston nella serie) James ha fatto quello che ci si aspettava da lui, se non di più. E qual è la sua ricompensa dopo quello che ha fatto? Un’altra partita da vincere a tutti i costi 48 ore dopo. Un’altra chance di vincere o, Dio l’aiuti, perdere.

Dwyane Wade in panchina con Udonis Haslem. Reuters

ora serve wade — Se su gara-6 c’è il marchio di James, in gara-7 a Miami servirà la resurrezione di Wade. Il numero 3 degli Heat ancora una volta non ha brillato nel primo tempo di giovedì, come gli è successo nelle ultime sfide. Forse era semplicemente ipnotizzato da quello che stava facendo James. In ogni caso, Miami non soffre di certo quando Wade si accende. “Davamo palla a LeBron e ci toglievamo di mezzo” ha raccontato Wade di gara-6, aggiungendo che James “era concentrato come non mai. Quando è in quello stato gli dai quello che chiede, ma sai anche che ci sarà bisogno di te. Dobbiamo aiutarlo molto di più”. Se ancora c’erano dubbi, gara-6 ha provato che è James a dover portare Miami a giocarsi il titolo e a vincerlo. E’ l’unico degli Heat a non poter avere una gara no, a dover sempre mantenere un livello altissimo. E’ anche l’unico sempre sotto la lette d’ingrandimento, che secondo molti non può mai fare nulla di giusto. Anche in una gara in cui ha fatto tutto giusto. Qualcuno ora farà il sarcastico, felice di ricordare cosa è successo nelle finali 2011 contro Dallas e riservandosi di esprimere un giudizio solo quando James raggiungerà la serie che assegna il titolo per la terza volta in carriera. Speriamo che lui e gli Heat ci diano questa opportunità