Sergio Rodriguez è nato il 12 giugno 1986. Afp

Prima di Ricky Rubio, la Spagna ne aveva già uno. Sergio Rodriguez, detto El Chaco, nove anni fa mvp dell’Europeo under 18 quando ancora vestiva la maglia dell’Estudiantes di Madrid, campione del mondo appena ventenne con la Seleccion in Giappone nel 2006, poi subito rubato dalla Nba prima di tornare nel Real Madrid nel 2010. Sembrava essersi ritagliato un ruolo da comprimario di lusso, anche se oggi ha solo 27 anni e il suo talento nel passare la palla resta incredibile. Un fantasista, si direbbe nel calcio, di chi poi si lascia trascinare troppo dall’istinto, spesso a discapito della concretezza.

Ripescato dalla Nazionale a Londra per l’infortunio di Ricky Rubio, nell’ultimo Europeo è stato il giocatore fondamentale, con Marc Gasol, nella conquista del bronzo. E nel Real Madrid imbattuto in Eurolega e in campionato (10-0), se Rudy Fernandez vola e Nikola Mirotic è forse già diventato il miglior giocatore del continente, quello ai comandi, che fa decollare il Real, è Sergio. Nella goleada di mercoledì scorso contro l’Efes Istanbul, dei suoi 11 assist (e 14 punti) in soli 20’ in campo, ben quattro hanno portato a schiacciate: due di Slaughter, due di Mejri. Rispetto al ragazzino praticamente rasato che giocava nella Nba (anche con Mike D’Antoni a New York) ora ha un look barbuto che divide con James Harden, di Houston.

La sua esuberanza tecnica è unica, negli assist è il secondo in Europa, 6.2 di media, dietro a Diamantidis, ma lui parte dalla panchina e gioca meno di 19 minuti a partita. "Credo che la chiave del successo del Real di Pablo Laso sia lavorare duro e divertirsi - dice - che significa godere di ogni azione della partita. Che è quello che ho fatto nella mia carriera quando ho cercato di apprezzare e godere di ogni momento, anche quelli più difficili. Al Real sono anni ormai che giochiamo assieme e sappiamo quello che facciamo e che dobbiamo migliorare. La strada è ancora lunga". Rimpianti Nba? "La mia carriera non è stata tanto male, ho giocato 300 partite e ho finito nel quintetto base dei Knicks, anche se non in un gran momento della franchigia. Quando ho deciso di tornare era per giocare nel Real Madrid, nulla di meno".