Dodici anni dopo il suo addio alla Virtus, il capitano Roberto Brunamonti è tornato a Bologna per riscuotere gli applausi dei suoi tanti vecchi tifosi e l’omaggio del club che ha ritirato la sua maglia numero 4 come tributo alla sua lunga milizia in tre dimensioni: giocatore, allenatore e manager. In tutte le sue vesti, il capitano è stato un vincente: quattro scudetti, tre coppe Italia, una Supercoppa e una coppa Coppe sul campo; una coppa Italia in panchina e infine due scudetti, due coppe Italia e due Euroleghe come primo dirigente e scout. Lasciata la V nera prima del crack Madrigali, ha lavorato a Roma e Rieti dove ha mosso i primi passi da playmaker e futuro campione. Oggi, a 54 anni, Brunamonti vive nella sua Spoleto, non si espone e non si propone ai club della serie A, ma in silenzio aspetta che qualcuno si affidi alla sua esperienza.

VIllata e Brunamonti: due pezzi di storia Virtus. Ciam/Cast

Brunamonti, i numeri prima di tutto: 14 stagioni da giocatore simbolo, tre mesi da coach traghettatore e sei stagioni da manager a 360 gradi, in tutto 16 trofei dentro due decadi di Virtus portano il suo nome. Quando ci pensa, quali ricordi le vengono in mente?
"Ho tante gioie, pochi dolori e zero rimpianti. E' stata l'esperienza più intensa e passionale della mia vita di sportivo. I ricordi più forti? Due in campo e tre fuori. Da giocatore la schiacciata della staffa nel successo della finale 84 in gara-3 a Milano che sancì lo scudetto della stella e il pianto di Firenze, quando infortunato alla caviglia, lasciai il campo nella ripresa della finale di coppa Coppe 90 che vincemmo sul Real. Quel successo sdoganò la Virtus da provinciale capace di vincere solo Italia a big europea. Poi il Grande Slam del 2001, ma prima ancora la promozione di Ettore Messina come capo-allenatore, un evento che ha segnato il destino del club e di tanti virtussini. Infine il rapporto con gli sponsor, a cominciare da quello col dott. Dorigo che ha consentito alla Virtus di primeggiare su tutti i fronti".

I personaggi ai quali è più legato?
"Il mio quintetto all time virtussino è Porelli-Cazzola-Bucci-Messina-Danilovic. Porelli mi volle alla Virtus, fui il primo colpo miliardo del mercato del basket. Cazzola ha fatto la Virtus più vincente di sempre. Bucci e Messina mi hanno guidato ai successi più importanti e infine Danilovic è stato il compagno più forte col quale abbia giocato. E mi ha fatto l'onore di vestire la mia maglia"

E’ uscito dal basket di elite in sordina, non si fa più tanto vedere in giro. Sembra quasi che si sia stancato di questo ambiente. E’ così?
"No, il basket mi piace sempre. Non vado in giro, lo vedo molto in tv. Mi tengo aggiornato, ho una mia memoria di giocatori giovani. Se spero di essere richiamato? Non devo offrirmi, per carattere sono schivo e poco propenso alle pubbliche relazioni. Forse è un difetto, ma sono fatto così".

Un suo giudizio sui playmaker di oggi?
"E' il ruolo che si è più evoluto nel tempo rispetto agli altri. Una volta i play erano omologati, più o meno della stessa altezza. Oggi c'è più scelta, ci sono i piccoletti e quelli quasi due metri. Il migliore tra gli italiani? Adesso va forte Hackett ma non è un playmaker per vocazione, lo sta diventando".

Alla Virtus molti vedono Imbrò come successore di Brunamonti. Lei che dice?
"E' bravo e promettente ma, per favore, lasciate che Imbrò resti se stesso. Ha già la responsabilità di essere il capitano di un grande club a 19 anni. E' sbagliato metterlo sotto pressione. Crescerà e, gli auguro, un giorno diventerà un giocatore modello per altri giovani".

Che impressione le ha fatto la sua Virtus?
"L'ho vista vincere bene contro Montegranaro ma una partita non basta per ricavarne giudizi e prospettive. Però mi ha fatto una bella impressione perchè tutti i suoi giocatori si passano la palla. C'è un concetto di squadra chiaro e forte. E' un bel punto di partenza".

Qual è la sua favorita per lo scudetto?
"Sulla carta Milano è la più forte ma dietro c'è posto per tutti. Anche per la Virtus e ci metto pure Reggio Emilia con Sassari e Cantù"

Infine la Nazionale: più sorpreso o più deluso per l’ottavo posto all’Europeo?
"Deluso no, la squadra ha fatto bene anche se alla fine ha pagato lo sforzo in termini di energie fisiche, visibilmente calate nelle ultime partite, di alcuni giocatori chiave per sopperire alle assenze importanti. Ma questa nazionale, col recupero degli 'americani', ha un grande potenziale"