Se dici RECORD e pensi all’Italia, c’¨¨ un nome su tutti che ti viene subito in mente. Eppure l’Italia annovera centinaia di RECORD, a tutti i livelli e in quasi tutti gli sport. Qualcuno magari anche pi¨´ prestigioso di quello, qualcuno pi¨´ longevo. Ma quando il 12 settembre 1979, sulla pista dello stadio Olimpico di Citt¨¤ del Messico, nella finale delle Universiadi, Pietro Mennea stamp¨° sui 200 metri quelle meravigliose quattro cifre – 19”72 – che cancellavano dopo quasi 11 anni il primato mondiale del ?Signor pugno chiuso? Tommie Smith, lo Zar di Barletta le rese pressoch¨¦ immortali. Non c’¨¨ appassionato di sport che non ricordi quel numero: diciannoveesettantadue, come una pietra miliare.
L'evento
Mennea 19''72: quattro cifre sinonimo di velocit¨¤
Il primato mondiale del 1979 sui 200 metri ha resistito quasi 17 anni. Pi¨´ forte degli attacchi di Lewis, ¨¨ ancora la miglior prestazione europea
Mercoled¨¬ saranno 39 anni da quel giorno in cui l’Europa, per la prima volta, infrangeva il muro dei 20 secondi netti sul mezzo giro. Allora ci fu chi disse che il RECORD di Mennea sarebbe durato poco. Lo sprint a stelle strisce era in grande fermento, dopo qualche anno di relativa sordina, e stava vedendo sbocciare il fenomeno Carl Lewis. Ma nemmeno il meraviglioso Figlio del Vento, in tutta la sua lunga e dorata carriera, riusc¨¬ a coronare il suo inseguimento e a detronizzare il compianto pupillo di Carlo Vittori: si ferm¨° 3 centesimi sopra. E alla faccia di chi aveva previsto un veloce passaggio di consegne, ci vollero quasi 17 anni prima che il privilegio toccasse a un altro gigante statunitense, Michael Johnson, che ai Trials per i Giochi olimpici di Atlanta ‘96 abbass¨° il RECORD a 19”66, per poi portarlo – di l¨¬ a poco, proprio nella finale dei Giochi – a 19”32: mai un primato del mondo della velocit¨¤, in atletica, aveva avuto vita cos¨¬ lunga.
A tutt’oggi, tra l’altro, nessuno ¨¨ ancora riuscito a spazzar via la Freccia del Sud dall’albo del RECORD europeo. C’¨¨ andato vicinissimo un mese fa il turco Ramil Guliyev, che agli Europei di Berlino ha corso in 19”76: ahilui 4 centesimi di troppo, quasi un battito di ciglia. E a questo punto non ¨¨ cos¨¬ remota la possibilit¨¤ che Mennea, fra dodici mesi, sia ancora l¨¬, davanti a tutti, dopo 40 anni di assalti vani.
Il valore di quel diciannoveesettantadue non si ferma peraltro all’aridit¨¤ di quattro cifre consegnate alla storia dell’atletica. Mennea, quel 12 settembre di 39 anni fa, and¨° ben oltre. Il suo RECORD, come poche altre grandi imprese – sportive e non solo – rappresent¨° un moto d’orgoglio per tutta l’Italia nei confronti del mondo intero. Lui, bianco normodotato, non bellissimo a vedersi tra le corsie, ma cos¨¬ forte, mai domo ed efficace, irrompeva nel giardino che, salvo qualche rara eccezione, era stato sempre un feudo dei colossi d’ebano afroamericani. E l’Italia, ben pi¨´ di quel 1960 targato Livio Berruti – loro di Roma, a sua volta a suon di RECORD del mondo – si scopr¨¬ meno piccola nel grande circo della velocit¨¤. Mennea rappresentava anche l’orgoglio della gente del Sud, affamata di riscatto sociale in un momento storico in cui le prodezze di un personaggio di quella portata, il campione controcorrente, polemico a volte per posa e provocazione, ineguagliabile e ineguagliato per resistenza alla fatica, risultavano pi¨´ efficaci, per determinate conquiste, rispetto a qualunque altra battaglia.
record
¡ªCos¨¬ come l’oro olimpico che sarebbe arrivato l’anno dopo a Mosca, i tre titoli europei, i successi nei grandi meeting e nelle altre pi¨´ importanti rassegne internazionali – fu inoltre la vittoria della caparbiet¨¤ e della determinazione, il trionfo di Davide contro Golia.
Ce ne erano stati tanti altri prima, ne sarebbero venuti altri dopo, ma nessun RECORD mondiale di un italiano ha avuto quella portata e quel significato. Mennea, col suo ditino alzato al cielo, ¨¨ stato il personaggio attorno a cui l’atletica italiana ha costruito la sua epoca dell’oro. Soprattutto ¨¨ stato il simbolo di una generazione che ha prodotto diversi campioni destinati come lui al ricordo eterno – dagli altri primatisti del mondo e ori olimpici Sara Simeoni, Alessandro Andrei e Maurizio Damilano ad Alberto Cova e Gabriella Dorio – in anni in cui un po’ tutto lo sport italiano scal¨° le gerarchie mondiali: pensiamo solo alla conquista della Coppa Davis di tennis in Cile nel ‘76, fino al trionfo della Nazionale di calcio al Mondiale di Spagna ‘82. Trionfi il cui ricordo non s’¨¨ sbiadito nemmeno dopo tutti questi anni. Proprio come il favoloso diciannoveesettantadue dello Zar Pietro da Barletta.
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