Capodaglio, benzina italiana per Vettori: “Cos¨¬ si nutrono i muscoli e i pugni di un fighter Ufc”
Uno i fighter di Mma potrebbe immaginarseli come eroi o picchiatori solitari, che pestano un sacco con rabbia in attesa del prossimo scontro, ma ¨¨ un immaginario che conviene lasciare ai film di Van Damme o gi¨´ di l¨¬. Perch¨¦ un’eccellenza tecnica e atletica che scende nell’ottagono, padroneggia e mixa almeno 4-5 stili di combattimento e legge l’avversario ad alta velocit¨¤ ¨¨ qualcosa che si costruisce nel tempo, in palestra e non solo. Marvin Vettori, per esempio, cesella muscoli e stili grazie a uno staff di nove persone e oltre. E tra queste c’¨¨ un amico di infanzia, Matteo Capodaglio: partirono insieme per gli States, ora uno ¨¨ il quinto peso medio al mondo e l’altro il performance nutritionist di grido nel mondo del combat sport americano. Tra i due c’¨¨ una grande elemento in comune: “L’idea di voler eccellere in quello che facciamo”.
Tu e Marvin quando e come arrivaste negli States?
“La prima volta nel 2015. Eravamo io, lui ed Emanuele Lochner, il suo personal trainer. Avevamo un amico che ci doveva ospitare ma il giorno prima si tir¨° indietro e ci ritrovammo senza un appoggio. Fortuna che in Italia avevamo conosciuto Jason Manly, l’ex coach di Ronda Rousey: lo chiamammo e ci ospit¨° lui. Dormivamo in un letto a castello per bambini, con le coperte di Hello Kitty...”.
Sei anni dopo di strada ne avete fatta. Con quante persone lavora oggi Marvin Vettori?
“L’head coach ¨¨ Rafael Cordeiro, l’allenatore che ha lavorato anche con Tyson nel suo ritorno sul ring. Poi per la boxe lo seguono Julian Chua e Max Reppucci; nella lotta olimpica Marcus Mollica, due volte campione Ncaa; nel Jiu-Jitsu il leggendario Romulo Barral. Poi ci sono Larry Wiersma, professore universitario a Fullerton e psicologo dello sport, il preparatore Chase Chicos, e naturalmente io ed Emanuele. Ecco, in questo sport il team ¨¨ alla base di tutto: l’atleta ¨¨ lo specchio di un lavoro, ma dietro ci sono tanti professionisti”.
Marvin nell’ultima impresa contro Hermansson, accettata con pochissimo preavviso, aveva due grosse difficolt¨¤ che si intersecano col tuo lavoro. La prima: centrare il peso...
“Una premessa doverosa: ad alto livello nessuno di norma pesa come da categoria. Ma da qui a certi processi da fuori di testa per centrare il peso ce ne passa, anche perch¨¦ poi possono influire sulla prestazione. Non ¨¨ una battaglia, ma un processo”.
La tua metodologia che approccio ha al riguardo?
“La vecchia scuola divideva l’approccio in una fase in-season, a stecchetto, e in una off-season dove ci si lasciava andare. Io no, la mia idea ¨¨ che uno debba essere atleta per 52 settimane, con un metodo flessibile ed esteso nel tempo dove non vai di birra e salsicce tutte le sere ma nemmeno solo di insalata e petto di pollo sotto match. Ecco, in questo approccio uso tanto la pasta, non ¨¨ affatto incompatibile con la fase del peso. Dipende da quanta se ne usa e di che tipo...”.
Altra difficolt¨¤ di Vettori contro Hermansson: cinque round invece dei canonici tre.
“Tanti dicevano che Vettori non aveva cardio, ma in realt¨¤ il vero problema era l’economia energetica, la capacit¨¤ di utilizzare in maniera proficua l’energia. Ci abbiamo lavorato molto negli ultimi due anni, e ce l’abbiamo fatta. Quanto ai 5 round, ogni mercoled¨¬ Marvin si allena nella palestra di Romulo Barral e si spara almeno 10 round da 5 minuti contro campioni del mondo di lotta, di jiu-jitsu o gi¨´ di l¨¬. Per accedere a quella materassina, non puoi avere un livello inferiore. E quando ti alleni con questi, 5 round non ti spaventano”.
Tu e Vettori, italiani negli Stati Uniti. Come ci si sta?
“Stili di vita completamente diversi. La cosa sconvolgente ¨¨ che molti in Italia provano a vivere all’americana, hanno aperto Starbucks a Milano e c’era la fila mentre qui la gente paga fior di quattrini per vivere all’italiana. Non solo per il cibo ma anche per vestiti, stile, e cos¨¬ via. A Los Angeles un buon espresso costa 4 dollari…”.
Soprattutto dal tuo punto di vista, poi: negli Usa mangiare bene costa tantissimo, no?
“Vero, ma ¨¨ un investimento: mangiare bene paga sempre a lungo termine, e non solo per un atleta. Negli Stati Uniti il range di selezione del cibo ¨¨ ampissimo, si va da roba di qualit¨¤ pessima all’eccellenza assoluta, il cosiddetto farmers market. Noi cerchiamo di bilanciare con acquisti intelligenti, anche perch¨¦ a Los Angeles se vuoi andare solo sull’eccellenza assoluta spendi 1.000-1.200 dollari al mese solo per mangiare bene, senza sfizi...”.
Torniamo alla pasta: un profano tenderebbe a non considerarla un alimento da atleta, invece...
“Il carboidrato per quanto riguarda la fisiologia dell’esercizio praticato nelle Mma ha un ruolo fondamentale, l’intensit¨¤ ¨¨ tale che il corpo quasi ne diventa dipendente. E le diete no-carbo non favoriscono la perdita di peso, oltre a remare nella direzione opposta rispetto alla costruzione di una performance d’elite. I carboidrati poi hanno varie forme: patate, ma anche pasta o risotto, perch¨¦ no? Tutto sta a trovare il condimento giusto: la carbonara per un atleta non ¨¨ l’ideale, un rag¨´ fatto bene invece pu¨° esserlo. E un valore aggiunto arriva da certe certificazioni restrittive: puoi essere ovunque nel mondo ma se compri una cosa che si chiama Parmigiano Reggiano sai cosa stai comprando. Se qui invece cerchi parmesan trovi qualsiasi cosa, e non le dico per la mozzarella… hai presente i mozzarella sticks, vero?”.
Altro problema dei regimi alimentari: gli sgarri. Un atleta di alto livello come li gestisce?
“Pi¨´ che sgarri preferisco chiamarli pasti liberi, e si possono programmare se hai un approccio macroscopico alla preparazione. Se ho una restrizione calorica giornaliera di 100kcal e un giorno voglio mettere quelle 600 in pi¨´ che ho sottratto nei giorni prima, al posto di mangiare riso in bianco e pollo posso farmi una pasta al rag¨´. Serve flessibilit¨¤. Per l’alcol il discorso ¨¨ diverso. Diciamo che se una sera a un mese dal match sei a stomaco pieno e vuoi farti una birretta non fa danni. Sotto match no, l¨¬ preferiamo non lasciare assolutamente nulla al caso, e anche quello 0.0001% che deriva dall’alcol lo evitiamo volentieri”.
Con quanti fighter lavori?
“Pochi, non voglio legarmi alla quantit¨¤ ma alla qualit¨¤, sono io quello selettivo: un atleta poi rappresenta il tuo lavoro, ne voglio pochi proprio per poter essere disponibile con tutti. Se seguissi 50 fighters come farei?”.
Tra i suoi assistiti c’¨¨ pure Colby Covington, uno dei welter pi¨´ forti in Ufc oltre che noto trash talker...
“Io l’ho sempre trovato un atleta molto rispettoso e professionale, poi le dinamiche dello showbusiness sono aliene al mio lavoro: io curo la parte atletica, i fighters lavorano anche sull’altro fronte. I ragazzi che lavorano con me per¨° sono tutti molto composti, anche perch¨¦ negli Usa mi sono reso conto di una cosa: i Rodman sono belli da vedere ma difficilissimi da allenare. A tal proposito, ero a pranzo con Tim Grover, che allenava Dennis ai Bulls, e mi raccontava del famoso Breakfast club: tutti a casa di Jordan la mattina presto a fare la preparazione. Ecco, io li voglio cos¨¬. Non si pu¨° lasciare il risultato in balia del solo talento, altrimenti poi ti metti le mani nei capelli...”
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